Piccolomini: uno scrittore filogino1 La Raffaella: «uno scherzo giovanile», ma fino a che punto?
Abstract
L’articolo intende evidenziare come le premesse filogine della Raffaella, per quanto ambigue e poi ritrattate, addirittura come uno scherzo con intenzioni malevole nei confronti delle donne, una loro denigrazione piuttosto che una loro celebrazione, per le connotazioni spregevoli della mezzana e per la rinuncia esplicita a qualsiasi canone di pudore e onestà che non sia un habitus puramente finto, simulato per l’appunto, ma nel senso degenere della parola, trovino in realtà una conferma nell’Istituzione che a prima vista sembrerebbe invalidarle nell’icona della donna paziente. Infatti il diritto femminile al piacere, celebrato nella Raffaella sia come diritto di natura sia in ottemperanza alla concezione veterocortese dell’amore, ancorché involgarita, viene confermato nell’Instituzione all’interno del matrimonio, sia nella edizione del 1542 in cui ancora matrimonio e amor cortese decarnalizzato costituiscono esperienze parallele e i due amori non possono convergere verso il medesimo partner, sia nella edizione del 1560 in cui amore matrimoniale e amor cortese sono nutriti e fruiti reciprocamente dagli stessi partner all’interno della consacrata istituzione matrimoniale. Il marito infatti è chiamato a dare alla moglie quelle «carezze matrimoniali» che solo a lei spettano oltre che a rispettarla e ad amarla. Fedeltà, amore, rispetto non sono più obblighi della moglie soltanto, ma anche del marito che, in quanto sua guida e Pigmalione, plasma con i suoi comportamenti gli stessi di lei, mentre a lei spetta di farsi al meglio eco di lui, anche psicologica, e naturalmente di sopportare le sue eventuali intemperanze, per quanto criticabili, e di svolgere dal canto suo un’azione di guida, ma in punta di piedi, e sapendo tacere. Pur in questo quadro di assoluta dipendenza, tenendo presente i costumi e il diritto dell’epoca, ci sembra di poter cogliere in Piccolomini un sincero interesse a favore delle donne, l’intenzione di migliorarne la condizione, sebbene in chiave ancora paternalistica e ancora all’interno di un’unione matrimoniale per di più fortemente consolidata dall’abolizione sia delle premesse che delle giustificazioni di qualsiasi trasgressione. E di non scarso rilievo ci pare l’avere riconosciuto il diritto delle donne al godimento del piacere fisico nell’alveo di una tradizione abituata a considerarle invece strumento di piacere per l’uomo o a condannarne la colpevole lussuria.Parole chiave
donna, matrimonio, piacere, pazienza, paternalismoPubblicato
2010-11-02
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