Franz Liszt e la «Dante Symphony»: frammenti e simboli per una nuova musica «umanitaria»

Autori

  • Alessandro Avallone "Università La Sapienza di Roma"

Abstract

Negli anni trascorsi al servizio del Granduca di Weimar, caratterizzati dal desiderio di trovare un giaciglio sicuro dove poter riposare e appagare il desiderio costante di una profonda meditazione spirituale, Liszt ebbe modo sia di approfondire le proprie conoscenze sui materiali musicali non-pianistici, grazie alla compagine orchestrale messa a disposizione nel teatro di corte, sia di maturare la propria concezione sansimonista dell’arte, intesa come straordinaria forza spirituale capace di unire l’umanità nel comune cammino del progresso sociale e civile. In questi anni giunse anche a compimento la concezione lisztiana della musica sinfonica cosiddetta “a programma”, fondata sull’idea che la musica non può mai essere pura forma, piatta ed inespressiva, ma necessita sempre di un contenuto ideale forte, che solo la poesia può conferirle; l’ausilio del programma dantesco, cui Liszt si ispirò per la sua Dante Symphony, composta a Weimar nel 1856, non va però inteso come omaggio alla monumentalità del poema ultramondano, bensì come chiara e lucida consapevolezza della modernità dell’opera da parte del compositore: è infatti la natura frammentaria e simbolica dell’opera che viene còlta, escludendo significativamente l’ultima cantica, e in virtù del valore etico che la musica deve possedere, Liszt compieuna selezione tra quelle immagini poetiche che egli ritiene più idonee ad essere rivestite del mezzo espressivo sinfonico.

Parole chiave

Liszt, musica a programma, frammentarietà, sansimonismo, avvenirismo, poema sinfonico

Riferimenti bibliografici

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Pubblicato

31-12-2015

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